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giovedì, 28 Marzo 2024

Maxiblitz alla cellula italiana di Al Qaeda: arrestati 9 terroristi islamici. Tra gli obiettivi anche il Vaticano

«Siamo tutti esposti e abbiamo tutti paura ma il Papa è molto tranquillo in questo, basta vedere come incontra le persone con grande lucidità e serenità» ha commentato il segretario di Stato Vaticano, Pietro Parolin.

La Polizia di Stato ha portato a termine un’operazione antiterrorismo nei confronti di un’organizzazione internazionale affiliata ad Al Qaeda. La base operativa dei terroristi si trovava nel nord della Sardegna; l’indagine è partita proprio da un’attività investigativa delle Digos di Cagliari e Sassari nei confronti di alcuni extracomunitari residenti ad Olbia.

Sono state arrestate 9 persone, otto pachistani e un afgano, in sette province italiane al termine dell’indagine diretta dalla Procura distrettuale di Cagliari e coordinata dal Servizio centrale antiterrorismo (Sca) della Direzione centrale della polizia di prevenzione. Gli indagati devono rispondere, a vario titolo, di atti terroristici all’estero e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.


Oltre che ad Al Qaeda, la cellula operativa si ispirava anche ad altre formazioni di matrice radicale, condividendone il progetto di insurrezione contro il governo pachistano e, più in generale, di lotta armata contro l’Occidente.

L’attività investigativa ha permesso di riscontrare che l’organizzazione criminale aveva a disposizione armi in abbondanza e numerosi fedeli che erano disposti a compiere atti di terrorismo in Pakistan e Afghanistan, per poi rientrare in Italia. È stato anche accertato che il ruolo principale era svolto da un dirigente del movimento pietistico Tabligh Eddawa (Società della Propaganda), il quale, forte della sua autorità religiosa di Imam e formatore coranico, operante tra Brescia e Bergamo, stimolava la raccolta di fondi presso le comunità pachistano-afgane, radicate nel territorio italiano.

Le indagini hanno documentato che lo stesso ha ordinato e finanziato omicidi, sequestri di persona e attentati, contro obiettivi civili e militari, realizzati in patria dai militanti formati nel suo circuito (sathi). L’uomo ha persino decretato la condanna a morte di una coppia di connazionali, colpevoli di aver violato le rigide regole del costume islamico, affidando l’incarico ad alcuni suoi seguaci che lo hanno portato a compimento nella zona di Brescia.

Gli investigatori hanno anche riscontrato che alcuni degli indagati sono responsabili di molti e sanguinari atti di terrorismo e sabotaggio commessi in Pakistan. Tra questi anche la strage nel mercato cittadino Meena Bazar in Peshawar del 28 ottobre 2009, nella quale un’esplosione uccise più di cento persone.

Dalle intercettazioni è emerso inoltre che due membri della cellula terroristica hanno fatto parte della rete di fiancheggiatori che in Pakistan proteggeva lo sceicco Osama Bin Laden. L’organizzazione alimentava la rete criminale anche con l’introduzione illegale nel nostro Paese di cittadini pachistani o afgani che spesso venivano destinati verso alcuni paesi del nord Europa.

Per aggirare la legge sull’immigrazione, i criminali facevano ricorso a contratti di lavoro con imprenditori compiacenti in modo da poter ottenere i visti di ingresso. A volte percorrevano la via dell’asilo politico facendo passare gli interessati per vittime di persecuzioni etniche o religiose.

L’organizzazione forniva supporto logistico e finanziario ai clandestini, assicurando loro servizi come il patrocinio verso gli uffici immigrazione, istruzioni sulle dichiarazioni da rendere per ottenere l’asilo politico, apparecchi telefonici e sim, contatti personali.

I fondi venivano inviati in Pakistan mediante membri dell’organizzazione che aggiravano i sistemi di controllo sull’esportazione doganale di denaro. In un caso è stato riscontrato il trasferimento di 55.268 euro mediante un volo per Islamabad in partenza da Roma Fiumicino, omettendo di farne dichiarazione di possesso alle autorità doganali.

Spesso utilizzavano il sistema “hawala”, un meccanismo di trasferimento di denaro occulto, basato su un legame fiduciario, diffuso nelle comunità islamiche dislocate in Europa. Consente di trasferire una somma di denaro all’estero, consegnandola a un terminale presente nello Stato, detto hawaladar, che fornisce un codice identificativo segreto. Il beneficiario della rimessa, tramite quel codice, può prelevare la somma presso l’hawaladar della sede di destinazione.

Al trasferimento del denaro effettuato in questo modo provvedeva principalmente un cittadino afgano titolare di agenzia money transfer a Roma. L’uomo aveva ottenuto protezione umanitaria quale ex comandante talebano fuoriuscito dall’organizzazione politico militare Hizb-i Islami, sebbene in realtà non abbia mai rinnegato le proprie convinzioni jihadiste.

© ULTIMISSIME

fonte: Polizia di Stato

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